L’ARCHITETTURA MINORE SULL’APPENNINO BOLOGNESE
Un’imponente opera di sedimentazione culturale forma una delle più individuabili ricchezze della nostra terra appenninica insieme con le sue montagne, l’aria, l’acqua pura e le bellezze paesaggistiche fortunosamente ancora intatte. Nell’alto Medio Evo fiorì sulla montagna un’importante scuola di arte muraria, quella portata dai Maestri Comacini che, di ritorno dalla Toscana, specie da Lucca, ove avevano lavorato per S. Frediano e per S. Martino, verso la fine del 1300 ed ai primi del 1400 segnarono un importante salto di qualità nell’architettura civile e rurale del tempo sulla scia degli intensi rapporti che già avevano avuto i mercanti pisani con Bologna. La tecnica dei Comacini ha significato sull’Appennino un salto prodigioso di qualità che ha poi permesso di raggiungere i più alti livelli nella costruzione dei castelli, delle rocche e delle chiese. Molte delle antiche chiese come degli attuali borghi, costituiti da vecchie case corrose ed annerite dal tempo e dalle intemperie oltreché ingiuriate dagli uomini, conservano tracce autentiche della finezza artistica raggiunta da quei maestri, arricchendo la montagna di un complesso organico e continuo di esempi altissimi di arte ammirabile di diretta discendenza romana, ma integrata dagli apporti delle varie culture succedutesi nel tempo. Queste case, sparse o riunite nei borghi antichi, sono espressione artistica e culturale preziosa; per cui non possono essere abbandonate alle ingiurie spesso riunite dell’uomo e del tempo. Occorrono restauri appropriati con tecniche precise, che si possono ottenere solo recuperandole attraverso un’utilizzazione umana attuale, non come vuote immagini museografiche dei tempi andati, ma come abitazioni di famiglie che le abitano, vi sostano e si muovono alla ricerca della natura in un’oasi di pace, capace di ristorarle dall’usura e dall’inquinamento sofferto nel caos urbano e come bene culturale vivo e valido nel suo contesto originale.
(tratto da Giuseppe Coccolini, Monzuno un comune dell’appennino bolognese, edito dal comune di Monzuno anno 1975).
Bibliografia Luigi Fantini “antichi edifici della montagna Bolognese”, Bologna, Alfa, 1971, vol.II/344, pg, 237, soggetto Monzuno casa Riomaggio esterno finestrina.
Nell’appennino a sud-est di Bologna, deviando dalla Porrettana sulla strada del Setta, si sale per una decina di chilometri e si arriva nel territorio comunale di Monzuno. Il nome di questo piccolo centro appenninico deriva probabilmente da Giove (Mons Zeus) o Giunone (MonsJuno). Nelle vicinanze è da ricordare il nucleo di Riomaggio con questa costruzione quattrocentesca, che conserva sulla facciata 2 finestre di eccezionale valore architettonico.
Quella qui documentata
reca uno stemma
(probabilmente
quello della famiglia Gnudi)
sull’architrave.
Tra i motivi ornamentali,
si segnalano quello della spirale
solare e della rosa. Nelle mensole
si legge la data 1465 e si distingue
il monogramma di Gesù Cristo.
L’altra finestra
costituisce un esempio unico
nella montagna bolognese:
presenta, infatti, un arco lobato
di tipo gotico.
Il portale d’ingresso è a tutto sesto e coevo alle finestre (A.s.b, A.c., estimo 1385 e estimo 1608).